GLI AFFRESCHI DI SANTA MARIA DELLA GROTTA

 

La vasta area di Santa Maria della Grotta vanta una storia millenaria e complessa, a partire dalla nascita della città punica di Lilibeo. Nella prima fase era destinata a necropoli, con tombe scavate nella roccia del pianoro che molti secoli dopo sarebbe stato il sagrato superiore della chiesa.

 

Tra gli affreschi, ancora visibile su una delle pareti dell’ambiente della grotta, c’è la “Teoria di Santi”, che costituisce una testimonianza di alto livello della cultura pittorica del XII-XIII secolo, per la sua stringente analogia con pitture rupestri dell’Italia meridionale e della Sicilia orientale, e documenta le relazioni che intercorrevano tra le comunità religiose di rito greco.

 

Eseguiti in epoche diverse gli affreschi della chiesa di Rocchetta si possono dividere in tre gruppi principali. I dipinti più antichi, relativi alla vita di Cristo, sono visibili sulle pareti rocciose, mentre sulla parete che separa le due navate si dispiega una sequenza di Santi olosomi, e nella cappella presbiteriale affreschi più tardi raffigurano scene dell’Infanzia di Cristo. Tracce pittoriche si ritrovano anche nella cappella rupestre in cui è situata l’arca funeraria gotica, dove, oltre la presenza di Santa Margherita, riconoscibile dall’iscrizione, un ciclo dedicato alla sepoltura del Cristo, di cui restano solo labili frammenti, doveva ricoprire le pareti.

 

Opera di diversi e molteplici artisti che si sono susseguiti nel corso del tempo, gli affreschi sono la testimonianza di quella vivacità culturale che si avvale di esperienze e risonanze artistiche provenienti da San Vincenzo, da Montecassino e dalla chiesa di Sant’Angelo in Formis, in un territorio che diventa crocevia culturale. Punto di raccordo che trae le radici dalla vicina Campania, dal Lazio e dalla Puglia, dove confluiscono modelli diversi che giungono nelle terre molisane anche tramite l’afflusso di pellegrini e di crociati, gli affreschi di Santa Maria alle Grotte risentono degli apporti orientali, in larga misura balcanici, dovuti agli intensi scambi culturali e commerciali tra le due sponde dell’Adriatico, che si fondono con esperienze di matrice europea mediate dall’ambiente romano e dalla corte angioina napoletana.

 

Il ciclo della vita di Cristo, come accennato, fa parte della decorazione più antica, presumibilmente realizzata verso la fine del XIII e l’inizio del successivo. Le immagini che si estendono sulla parete rocciosa sembrano condividere la cultura diffusa nelle terre meridionali fortemente caratterizzate da ascendenze tardo-comnene di derivazione balcanica, ma che paiono impregnate di sentori gotici. Le scene dell’Annunciazione e della Presentazione di Gesù al Tempio già si avvalgono dell’influenza del Cavallini, che mediava reminiscenze bizantine con apporti di derivazione assisiate, indicatore di una congiuntura culturale che si andava svolgendo nell’ambiente romano verso la fine del Duecento.

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