CASTEL SANT’ANGELO TORNA A SPLENDERE

 

“L’intervento effettuato nel sito di Licata è volto ad ampliare costantemente l’attività di valorizzazione dei beni archeologici e paesaggistici che gestisce il Parco”. Lo ha detto il direttore Roberto Sciarratta, in relazione al nuovo impianto di illuminazione artistica del Castel Sant’Angelo del comune agrigentino. Un intervento frutto della collaborazione tra il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, che gestisce il bene, e l’Amministrazione Comunale di Licata.

 

L’intervento ha riguardato il ripristino della linea esterna, la cinta muraria di Castel Sant’Angelo, l’acquisto di nuovi proiettori da parte del Parco Archeologico e la sistemazione dell’impianto elettrico che era danneggiato.

 

AREA ARCHEOLOGICA

 

Il monte Sant’Angelo si trova immediatamente ad Ovest della foce del Salso, l’antico Imera meridionale che, nell’antichità, ha costituito una delle vie di penetrazione più importanti verso l’interno ed ha segnato per lungo tempo il confine tra la parte occidentale e la parte orientale dell’isola. La ricerca archeologica ha messo in luce un importante insediamento di età ellenistica in cui è stata riconosciuta Finziade, fondazione del tiranno di Agrigento Finzia, nel 282 a.C. Gli scavi degli ultimi anni hanno permesso di rintracciare lo schema urbanistico della città, i cui isolati risultano inseriti in una maglia urbana di tipo ortogonale con ampie strade, plateiai, intersecate da strade più strette e perpendicolari, stenopoi, secondo un impianto scenografico a terrazze tipico delle città ellenistiche e databile tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C.

 

Le numerose case messe in luce nel settore di abitato disposto lungo le pendici meridionali del monte infatti hanno caratteristiche abbastanza uniformi. A pianta quadrangolare, presentano in genere una decina di vani, di cui in alcuni casi è stata definita la funzione, distribuiti intorno ad un cortile nel quale si trova sempre una cisterna per l’acqua. Per qualcuna di queste case è stata documentata anche la presenza di un piano superiore. I pavimenti erano generalmente in calce e ciottoli o in laterizi o in cocciopesto, mentre le pareti, ricoperte di stucco, erano spesso decorate da cornici riccamente modanate. In una di queste case, durante gli scavi degli anni novanta è avvenuto l’eccezionale ritrovamento di un tesoretto contenente diversi gioielli in oro, tra cui alcuni bracciali, un anello ed un sakkòs, ovvero un medaglione con testa di Medusa a rilievo con doppia catena a maglie mobili di pregevolissima fattura ed oltre quattrocento monete d’argento.

 

L’insediamento ebbe due fasi edilizie, la prima, contemporanea alla fondazione, presentava un impianto con strade e case che si adattavano all’orografia del terreno, la seconda, caratterizzata dall’impianto urbanistico regolare di cui abbiamo parlato, che sembra essere posteriore alla seconda guerra punica, quando la Sicilia entra a far parte dei territori controllati da Roma. La ricchezza espressa dalle abitazioni sembrerebbe legata ad un cambiamento della funzione del sito di Finziade che, esaurito il suo ruolo di avamposto politico-militare, si trasforma in un importante centro commerciale con funzione di snodo nel commercio dei prodotti agricoli provenienti dai latifondi dell’interno dell’isola verso Roma. La distruzione ed il successivo abbandono del sito si possano collocare durante la prima età imperiale.

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