
La greca Adranon, a cui si sovrappose l’abitato moderno obliterandone la memoria per lungo tempo e rendendo estremamente difficoltosa l’indagine archeologica, era dotata di una solida cinta muraria edificata a doppio paramento di conci lavici con riempimento interno a sacco con piccole pietre e terra. Le mura sono convenzionalmente definite “mura Dionigiane”, volendone attribuire la costruzione al primo impianto della città, fondata per volontà di Dionigi I nel 400 a.C., ma sarebbe più corretto denominarle “mura greche” o “antiche” in quanto non è possibile, allo stato attuale delle indagini, indicarne esattamente la datazione.
Per il sistema costruttivo, per la presenza di torri quadrangolari e postierle, per i materiali rinvenuti, sono da inquadrare cronologicamente tra il IV e il III secolo a.C. Si adattavano alla morfologia del terreno e si presume avessero una lunghezza di 5 chilometri ma solo alcuni tratti, oltre a quello di contrada Difesa ed al torrione della chiesa di S. Francesco, sono stati individuati, fortemente compromessi dalle distruzioni e dall’abusivismo di età moderna.
Già nel 1781 il principe di Biscari, appassionato studioso catanese e archeologo ante litteram, le aveva conosciute e descritte nel Viaggio per tutte le antichità di Sicilia.Fermate su carta nei disegni di Jean Houel, sono ricordate dagli storici locali (Giovanni Sangiorgio Mazza e Salvatore Petronio Russo). Con gli scavi di Paolo Orsi, agli inizi del ‘900, le mura furono rimesse bene in vista per una lunghezza di quattrocento metri in contrada Difesa, furono individuate due postierle e liberato il torrione a ridosso della chiesa di San Francesco.
Poste sotto tutela dalla Soprintendenza alle Antichità di Siracusa di Luigi Bernabò Brea poco dopo la metà del secolo scorso, tornarono ad essere oggetto di scavi regolari condotti dalla Soprintendenza per i beni Culturali e Ambientali di Catania negli anni 2007-2008 e, finalmente, aperte al pubblico per un tratto e dotate di un locale per antiquarium e saletta didattica.

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