
L’articolazione topografica della greca Leontinoi è descritta nelle sue linee essenziali da Polibio: la città, rivolta a settentrione, si estendeva su due colline dai fianchi scoscesi, occupate da case e templi, e nella valle tra essi compresa, in cui sorgevano gli edifici pubblici e l’agorà; l’area urbana era protetta da una cinta muraria in cui si aprivano due porte, quella meridionale, da cui si dipartiva la strada diretta a Siracusa, e quella settentrionale, rivolta verso i territori coltivati.
Nella prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, la scoperta della porta siracusana all’imboccatura meridionale della valle San Mauro, difesa dalle ali di una fortificazione a tenaglia che cingeva le alture che la fiancheggiavano, costituì il cardine archeologico attorno al quale fissare definitivamente, sulla scorta del passo polibiano, l’ubicazione e la conformazione dell’apoikia calcidese.
Apparve infatti chiaro che il perimetro urbano comprendeva la valle San Mauro e le adiacenti alture dalla forma allungata di Metapiccola-Castellaccio- Tirone ad Est e colle San Mauro ad Ovest, estreme propaggini settentrionali dell’altopiano ibleo protese verso l’attuale Piana di Catania.
Per chi proveniva da quest’ultima, gli antichi e fertili Campi Leontini, e dal por- to fluviale che probabilmente si trovava nell’area a Nord della città3, l’ingresso all’area urbana doveva avvenire attraverso la porta aperta nelle fortificazioni che sbarravano l’imboccatura settentrionale della valle, dove i primi rinvenimenti di imponenti strutture murarie, nel 1987, segnano l’inizio delle ricerche archeologiche in questo settore della cinta urbica.

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