
Unico esempio rimasto di fortificazione greca con alzato in mattone crudo, le Mura Timoleontee rappresentano una meta straordinaria e quasi obbligatoria per chi ama respirare e rivivere l’antica cultura ellenica. Il tratto si estende per circa 300 metri e ha uno spessore di m 3 ed un’altezza media di m 3,20. L’ottimo stato di conservazione è certamente dovuto alle dune di sabbia che caratterizzano il territorio gelese e che ricoprirono gran parte della città greca per più di 2000 anni dopo la sua distruzione.
Le Fortificazioni sono databili al IV – III sec. a.C., quando Timoleonte, sconfitti i carataginesi, si adoperò nella ricostruzione di tutte le città greche distrutte qualche decennio prima dalle armate di Himilko, tra cui la stessa Gela (405 a.C.). Le recenti indagini hanno consentito di considerare unitaria la struttura di sopraelevazione in mattone crudo, confermando però che la sua realizzazione è da riferire ad un affrettato intervento di completamento dell’intera opera, giustificabile solo in un momento di difficoltà militare.
Sul versante settentrionale della collina, le mura avevano uno sviluppo articolato a controllo della piana sottostante e a protezione di una delle porte principali di accesso alla città. L’estremità occidentale del muro si protende come un cuneo verso la campagna, aggira poi il crinale della collina dal lato impostandosi sulle pendici a strapiombo sul mare. Sul versante orientale il muro doveva procedere oltre il tratto alla luce e ricongiungersi con la cinta di età arcaica.
La cinta muraria era accessibile da due ingressi: una porta con arco ad ogiva, tamponata poi con un muro di mattoni crudi; l’altro ingresso si trova ad ovest ed è una porta del tipo dritta, con stipiti ad ante ed architrave murato a più riprese con mattoni crudi. Dopo la sua distruzione ad opera di Fintia, tiranno di Agrigento, Gela fu abbandonata ed il muro di fortificazione perse la sua funzione.

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