AREA ARCHEOLOGICA DI MONTE IATO

 
Resti del Teatro

Su un vasto pianoro a circa 850 m di altezza, sulla cima del Monte Iato, si possono visitare i resti di un centro urbano fondato all’inizio del primo millennio a.C. da popolazioni indigene sicano-elime, che alla fine del VII sec. a.C. vennero in contatto con i Greci sopraggiunti in Sicilia. Intorno alla metà del VI secolo a.C. un nucleo di popolazione greca dovette probabilmente stabilirsi nella città, coabitando con le genti del luogo. Sembrano dimostrarlo, ad esempio, il Tempio di Afrodite, un edificio sacro senza colonnato esterno secondo una tipologia detta ad oikos, costruito intorno al 550 a.C. e la numerosa suppellettile di tradizione indigena e di produzione coloniale o greca trovata in una grande casa arcaica a due piani con cortile.

 

La città, difesa da una cinta muraria, si estendeva per circa 40 ettari. Il suo nome greco era IAITAS, IETAS in latino.
Durante l’età ellenistica (IV-II secolo a.C.) un grande rinnovamento urbanistico interessò l’intero insediamento: furono realizzati una rete viaria regolare, seppure adattata alla morfologia accidentata del rilievo, e importanti edifici pubblici: un teatro che poteva accogliere circa 4400 spettatori, una piazza pubblica porticata (agorà), due sale del consiglio (bouleuteria), quartieri residenziali con case signorili. La dimora nota come “Casa a peristilio 1” è una tra le più ampie finora conosciute nel mondo greco ellenistico: più di 1600 metri quadri su due piani, con cortile a colonne doriche al piano terreno e ioniche al primo piano; le sale da banchetto potevano ospitare oltre 70 persone; nella vasca dell’elegante sala da bagno giungeva l’acqua riscaldata con un sofisticato sistema realizzato nell’ambiente retrostante.
La città fu abitata fino ad epoca medievale e il suo nome si trasformò in GIATO. Divenuta roccaforte dei musulmani ribelli, nel 1246 l’imperatore Federico II la distrusse e deportò i suoi abitanti in Puglia.

 

A partire dal 1971 vi si svolgono campagne di scavo annuali a cura dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Zurigo, cui si è affiancato dal 2011 l’Istituto di Archeologia dell’Università di Innsbruck, con un approccio multidisciplinare che prevede analisi archeometriche, ambientali, archeobotaniche, archeozoologiche e dei residui organici. Dal 2011 campagne di scavo periodiche sono state condotte anche con la collaborazione dei Gruppi Archeologici d’Italia – sede Valle dello Jato – nell’area della fortificazione medievale detta Castellazzo.

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